Casa di Ludovico Ariosto
e il Museo del Risorgimento e della Resistenza

54101Casa di Ludovico Ariosto e il Museo del Risorgimento e della Resistenza sono due realtà museali che ben poco hanno in comune. La prima è l’ultima residenza di Ariosto – quella nella quale prepara la terza edizione del suo Orlando Furioso aggiungendovi 6 canti – e ospita alcuni cimeli riferiti alle testimonianze evocative proposte nei Centenari ariosteschi del 1875 e nel 1933; il secondo è il museo storico di Ferrara per eccellenza che narra, attraverso documenti e manufatti vari (dalle divise militari alle armi, alle bandiere ecc.), momenti cruciali della storia della nostra nazione.

Ciò che hanno in comune di fatto è che, al loro interno, ospitano sale espositive destinate a mostre a carattere temporaneo, ma il Museo del Risorgimento e della Resistenza lo dedica a ulteriori approfondimenti sui suoi temi, mentre casa Ariosto lo destina a espressività artistiche provenienti per la maggior parte dal territorio. Da una parte dunque il rigore del documento storico, dall’altra la messa in causa dell’espressività, e pertanto delle passioni e delle emozioni.

Il comune denominatore di una mostra di Carlo Tassi suddivisa tra casa Ariosto e Museo del Risorgimento e della Resistenza è che questo pittore bondenese, attraverso la sua sensibilità e la sua linea di ricerca artistica, ha documentato sia il mondo della cultura popolare del nostro territorio, sia stati d’animo ed episodi strettamente legati agli eventi della Resistenza da lui vissuta da adolescente, e che si legano indissolubilmente alla storia della nostra di Ferrara e della sua provincia.

Quella di Tassi, a ben guardare, è una narrazione del dolore persino nell’esultazione, che nella sua pittura non è altro che un’uscita “temporanea” da quel dolore di cui è frutto.

C’è un fondo di malinconia nella sua opera, non solo espresso dalla sua tavolozza ma soprattutto dal modo in cui presenta i suoi soggetti, siano questi paesaggi o figure umane. Gli alberi vengono proposti nella loro struttura essenziale e, anche quando sono fioriti, di fatto sono privi di foglie. Forme così spoglie da apparire quasi ombre, immobili e ferme, come immobile e fermo è per davvero il paesaggio padano quando è se stesso. Pure le figure, quasi sempre curve, quasi sempre con il capo reclinato, esprimono in un certo senso il peso del vivere, la stanchezza che piega il corpo dopo una giornata di lavoro. E anche queste figure sono immagini del mondo padano, o per lo meno di un certo mondo contadino che trova la sua rappresentazione ormai soltanto nella memoria di qualcuno, e in quadri come quelli di Tassi che alla testimonianza aggiungono anche la rappresentazione, mai secondaria, di uno stato d’animo.

Angelo Andreotti

Direttore dei Musei Civici di Arte Antica e Storico-Scientifici